Esempio di editing (racconto)

Racconto di Cecilia Amalia Sefirò

esempio-di-editing-racconto

Prima stesura e commenti

La luna dei mortali era già alta, un cerchio bianco che risaltava nel cielo viola. Moira raggiunse la piccola duna e svuotò la sacca con le pietre e i rametti: erano abbastanza da poterci accendere un fuoco. Si sedette a gambe incrociate vicino alla borsa e tracciò un cerchio sulla sabbia. Raccolse le pietre e le dispose una ad una sulla linea. Al centro del cerchio dispose i rametti.

Si slegò dalla cintura la sacca viola della polvere di fuoco, l’aprì e ne abbrancò una manciata. Sparse la polvere sui rametti e ci soffiò sopra. Dalla polvere divampò una piccola fiammetta verde. Moira continuò a soffiare finché la fiamma non divenne un bel fuocherello.

Attenzione perché “l’aprì” si riferisce alla sacca, invece “abbrancò” alla polvere. Inoltre il verbo abbrancare è poco comune e nel significato primario indica afferrare con gli artigli. Moira è dotata di artigli?

Divampare significa “accendersi e ardere con una gran fiamma” o (fig.) “manifestarsi con violenza”, quindi sento un po’ un contrasto con “piccola fiammetta” e con il fatto che Moira continua a soffiare per aumentare la fiamma.

Questo “fiammetta” sembra vezzeggiativo. Forse volevi dire “fiammella”? Perché “piccola” se divampa?

Prese la borsa e tirò fuori da una tasca l’armonica d’argento. Suonò la melodia e un piccolo refolo di aria cominciò a vorticare sempre più veloce, fino ad assumere le sembianze serpentine di Sepana.

L’articolo determinativo implica che è una melodia precisa. Quale melodia?

Refolo vuol dire già “Lieve e improvvisa folata di vento”, quindi in teoria potresti evitare sia “piccolo” sia “di aria”.

Vorticare contiene già il concetto di rapidità, quindi potresti omettere “sempre più veloce” (che significa “sempre più velocemente”, quindi un avverbio in mente mascherato), oppure se vuoi enfatizzare l’aumento di velocità potresti usare la virgola: “cominciò a vorticare, sempre più veloce, fino ad assumere”.

Il serpentello vide Moira e strisciò verso di lei. Il bagliore del fuoco si rifletteva sulle sue scaglie color smeraldo. Agitò la coda a sonagli, in attesa di essere preso in grembo.

Moira sospirò. Non avrebbe dovuto evocarlo, visto che di lì a poco se ne sarebbe dovuta separare, ma come poteva fingere che Sepana non esistesse più, dopo tre secoli che avevano vissuto insieme.

Dato che c’è un cambio di tono, potresti usare il punto e virgola o il punto fermo. Ricordati che manca il punto interrogativo. “Non avrebbe dovuto evocarlo, visto che di lì a poco se ne sarebbe dovuta separare; ma come poteva fingere che Sepana non esistesse più, dopo tre secoli che avevano vissuto insieme?” oppure “Non avrebbe dovuto evocarlo, visto che di lì a poco se ne sarebbe dovuta separare. Ma come poteva fingere che Sepana non esistesse più, dopo tre secoli che avevano vissuto insieme?”

Sepana puntò il muso verso di lei, probabilmente chiedendosi perché Moira lo stesse ignorando. Le salì sul braccio, avvinghiandosi intorno. Continuava a fissarla con i suoi occhietti color rubino.

Sugg. “avvinghiandocisi” (per via del riferimento del braccio).

«Ben svegliato, piccolino,» mormorò Moira, accarezzandogli la tenera pelle della gola.

Per la gioia di rivederla, Sepana agitò la coda, facendola tintinnare.

Queste sono le ultime volte che sentirò i sonagli e poi dovremo separarci.

Moira ingoiò un nodo amaro come gli incubi, ma si sforzò di trattenere le lacrime. Sepana la strinse più forte, come faceva sempre quando lei era triste: non poteva immaginare il motivo per cui lei si sentiva in quel modo.

Moira si passò una mano sugli occhi e mandò giù le lacrime. «Va bene, ora al lavoro.»

Le manda giù con le mani? Di solito la locuzione “mandare giù” significa inghiottire. È quello che sta facendo? Non sarebbe più sensato se le asciugasse?

Prese dalla borsa l’agenda e l’aprì nelle pagine in cui aveva lasciato la penna.

«Stanotte visiteremo un mortale maschio. Il suo nome umano è Ivan Galeni e ha solo diciassette anni terreni.»

Sepana agitò la coda, segno che aveva capito. Moira si passò la lingua sulle labbra e iniziò a leggere.

Non ho ben chiaro che significato volessi dare alla lingua sulle labbra in questo contesto.

Libro d’Oro del Destino

Ivan Galeni morirà il quindicesimo giorno del secondo mese di solstizio nell’anno dei Pesci.

Libro Nero del Destino Opposto

Se Ivan Galeni non morirà, diventerà un medico e permetterà ad altri centodiciotto mortali di vivere. Una di queste vite, entro due generazioni, genererà una donna che porterà nel mondo degli umani un grande cambiamento.

Secondo me potresti dire che tipo di medico diventerà. Non tutti i medici “salvano vite”. E più che permettere non sarebbe meglio esprimere il fatto che li salverà o che contribuirà alla loro salvezza?

Moira richiuse il diario e mise le mani a coppa. Sepana ci appoggiò dentro la testa triangolare e chiuse gli occhi.

«Dobbiamo impedire al mortale di prendere quella moto domani.»

Sepana annuì.

«Secondo gli appunti, una delle persone che ama più al mondo e la sua nonna, che vive in una casa insieme ad altri anziani, molto lontana da Ivan.» Baciò Sepana sulla testa. «Tu andrai da lui e insinuerai nella sua testa il sogno dei momenti felici che ha vissuto con lei. In questo modo, lui avrà voglia di raggiungerla e per farlo dovrà prendere un treno.»

Sepana agitò la coda: aveva capito. Moira prese l’armonica e iniziò a suonare la melodia che avrebbe infuso a Sepana le conoscenze corrette.

Fagli ricordare i giochi di carte, le estati in campagna e le feste felici con tutta la famiglia.

Fagli ricordare le torte alle mele, le passeggiate sul mare e le serate sul balcone a raccontare vecchie storie.

Fagli ricordare le scampagnate nel bosco, le vecchie canzoni che più nessuno conosce, le lenzuola fresche di pulito.

Fagli ricordare gli scherzi innocenti, le carezze, i baci e gli abbracci.

Un fruscio che veniva da dietro le dune ruppe l’incantesimo e Moira si ridestò dallo stato di trance.

Potresti omettere e scrivere più semplicemente: “Un fruscio oltre le dune”.

La figura scheletrica di Fato, avvolto nel suo manto color argento, era comparsa dietro di lei.

Sepana si arrampicò sul collo di Moira per nascondersi tra i suoi capelli.

«Cosa fai?»

Moira inghiottì un nodo di paura. «Mi avevi concesso ancora una missione.»

Fato si avvicinò a lei e si grattò lo zigomo ossuto con un dito. «Peccato che questa non sia una missione.»

No, ne aveva fatte molte più di una, dopo il loro ultimo incontro.

Se Fato compare dietro di lei, come fa Moira a vederlo? Si tratta di un errore di punto di vista. Avvolto poi dovrebbe riferirsi al soggetto, cioè la figura, al femminile. Dato che dovresti riformulare la frase per il problema del punto di vista, potresti evitare il problema alla radice.

Fatte, le missioni? Forse “svolte”? Per non ripetere di nuovo una, potresti dire: “Ne aveva svolte molte di più”.

Moira si passò la lingua tra le labbra. «Questa volta è importante: la sua vita ne salverà molte altre.»

«Ma non è così che devono andare le cose!» Fato scomparve e ricomparve ancora più vicino. «Sul Libro Nero del Destino c’è scritto quello che non deve assolutamente accadere. Conosci la nuova legge: piacevoli o spiacevoli, le cose che avverranno, d’ora in avanti, saranno solo quelle scritte sul Libro d’Oro. Questa è la Legge della Vita: uno spirito inferiore come te non può opporsi.»

Allungò la mano e indicò la borsa che Moira portava con sé. «Dov’è il fiore dei sogni? E dov’è il serpente?»

Moira indietreggiò. «Ancora una volta, ti prego. Lasciami andare e poi ti consegnerò il serpente e il fiore e mai più interferirò con la vita dei mortali.»

«E va bene, ma che sia davvero l’ultima,» ruggì il Fato. «Se così non sarà, tornerò a cercarti e dovrò condannarti all’oblio, oltre a distruggere il tuo serpente e quel fiore della discordia.»

«Non accadrà!» Moira sospirò. «Lasciami salvare quella vita e io mi piegherò al volere del destino.»

Se ho ben interpretato la scena intendevi dire che Moira esprime rassegnazione, giusto? In questo caso il sospiro mi sembra un’azione un po’ banale e che hai già usato. Che ne pensi di usare un’altra azione? Per esempio qualcosa che faccia capire che rilassa e abbassa le spalle (che in qualche modo potrebbe persino suggerire il sospiro).

Il Fato la guardò di sbieco e poi sparì nel nulla. Moira, con le ginocchia molli come la brezza, si lasciò cadere sulla sabbia.

Questa immagine non mi convince. Il vento ha come caratteristica il fatto di essere molle? La brezza è lenta ma lento non è un sinonimo di molle.

Sepana strisciò fuori dai suoi capelli e le si avvinghiò intorno alla gola.

«Mi dispiace, Sepana. Mi dispiace tanto.»

Il serpente cominciò a strofinarle la testa squamosa e gelida contro la guancia.

Moira scoppiò in lacrime: non voleva che il Fato distruggesse Sepana, ma non poteva neppure opporsi alla Legge della Vita.

I tre soli emersero dalle dune e il cielo si tinse di verde. Quello centrale si sovrappose alla luna dei mortali, aprendo il tunnel che portava nella loro dimensione.

Il riferimento è ai soli e non è l’ultimo logico. Magari prova a riformulare.

Moira sospirò. Prese la borsa e si diresse in quella direzione.

***

Moira entrò nella stanza di Ivan. Lui dormiva nel suo letto, sotto una coperta verde smeraldo. Aveva degli auricolari all’orecchio collegati allo smartphone ancora acceso sul cuscino.

La cameretta era come quella di qualunque altro adolescente: c’era una scrivania invasa da penne, libri, quaderni, computer, casse stereo, cavetti e altri aggeggi tecnologici. Sulle pareti erano appesi i poster di una di quelle band con i componenti che portavano i capelli lunghi e si vestivano sempre in nero. Sotto la finestra, accanto all’armadio, c’erano una gabbietta con dentro una casina e una ruota azzurra.

Nota prima le penne e poi gli altri elementi?

Sugg. “si vestivano sempre di nero”. Di solito si dice “vestirsi di nero”.

Quindi ha un criceto? E questo dettaglio è importante? Volevi dire che di base gli piace prendersi cura degli animali? Se sì, perché diventa un medico e non un veterinario?

Ivan aveva appena vissuto un giorno ordinario ed era andato a dormire come in qualunque altra notte ordinaria. Si era addormentato convinto che il giorno dopo sarebbe stata l’ennesima giornata ordinaria. Era nell’età in cui nessuno può immaginare che la propria vita sarebbe finita di colpo. Un velo di tristezza cadde sul cuore di Moira al pensiero che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe potuto cambiare la sorte di qualcuno.

E lei da cosa lo capisce?

Sono sue supposizioni indirette?

Forse “sera”? Se è andato a dormire prima di mezzanotte era sera.

Sugg. “finirà”, perché “può” è al presente.

Il velo cade o si posa? Non è un’immagine molto originale.

Si sfilò lo zaino dalle spalle, lo aprì e prese la sacca che conteneva il polline del fiore dei sogni. Prese un pizzico di polverina azzurra, si chinò accanto al viso di Ivan e gliela soffiò in faccia.

Non aveva una borsa?

Sarebbe bello capire meglio di cosa si tratta (fiore dei sogni) e dove si trova. Viene citato solo qui e in un altro punto, a differenza del serpente.

Ivan si scosse nel sonno, agitò le gambe e prese un bel respiro. Parte della polverina s’infilò nelle sue narici, che si arricciarono. L’aveva inalata. Moira prese l’armonica e suonò la melodia che avrebbe evocato Sepana. Il serpentello si materializzò sulla spalla di lei e iniziò a strusciarle il muso freddo sulla guancia. A quell’ultima dimostrazione di affetto Moira dovette inghiottire un nodo amaro. Quella era anche l’ultima notte in cui avrebbe visto Sepana.

Più scorrevole “sulla sua spalla”, che ne dici? Potresti dire soltanto “a quella dimostrazione di affetto…”, per evitare la ripetizione. Se era voluta, non l’ho trovata molto efficace.

La missione non è completata, quindi non sembra molto sensata la percezione che quella dimostrazione di affetto sia proprio l’ultima.

Sepana si staccò da lei, fece tintinnare la coda a sonagli e si tuffò verso la mente di Ivan, dissolvendosi in uno sbuffo di aria azzurrina. Ivan continuò a dormire immobile, finché un sorriso non cominciò ad aprirsi sul volto. Sepana era entrato nei suoi sogni e ora gli stava trasmettendo i ricordi più belli con sua nonna.

Qui ti direi di aggiungere “sul suo volto”, o, in alternativa, “finché un sorriso non cominciò ad aprirglisi sul volto” (ma è un po’ più macchinoso).

Anche se per molte case editrici l’uso di “ora” è accettabile anche nelle narrazioni al passato remoto, a livello di significato vuol dire “in questo momento”. L’alternativa logica sarebbe “in quel momento”. Più semplicemente, ti direi di evitarlo e rimuoverlo.

Moira rimase in attesa che il ragazzo mormorasse qualcosa. Quello era il segnale che Sepana aveva assunto le sembianze della donna per manipolare il sogno e quindi le emozioni del ragazzo. Le labbra di Ivan si schiusero. «Nonna,» mormorò. Moira sorrise, Sepana si era dimostrato ancora una volta un ottimo serpente dei sogni, il migliore che lei avesse mai conosciuto. Ma ben presto avrebbe dovuto sbarazzarsi di lui, consegnarlo a Fato, che lo avrebbe distrutto per sempre. Se non l’avesse fatto, lei sarebbe stata dannata e reclusa nell’Oblio per sempre.

Sinceramente mi sembrava già chiaro da quel che è stato detto prima, quindi in un certo senso risulta ridondante. Se sta pensando qualcosa in merito alla questione, potresti mettere un pensiero diretto di Moira in corsivo (ho notato che ce ne sono pochi in generale in tutto il racconto, forse solo uno o due).

Delle lacrime sgorgarono dagli occhi del ragazzo e Sepana uscì da lui. Ivan si svegliò. Dagli occhi cadeva una lunga scia di lacrime. Se li asciugò con la manica del pigiama grigio, si mise seduto e si guardò intorno spaesato. Allungò la mano verso il comodino per prendere lo smartphone.

Ripensando alla coperta, mi sono chiesta in che stagione ci troviamo. Potresti aggiungere un dettaglio qui o sopra per farlo capire. Ok che non è estate, altrimenti Moira vedrebbe il pigiama da subito, ma potrebbe essere autunno o inverno (dato che è ben coperto).

Moira si chinò accanto a lui. Ivan aprì la schermata delle comunicazioni e cercò il nome di un certo Marco. Pigiò il dito sopra e iniziò a digitare. “Domani non vengo, quindi non passare a prendermi. Devo fare una cosa.”

Sarebbe più semplice “Ci pigiò il dito” o anche solo “Pigiò con il dito”.

«Ci siamo riusciti,» mormorò Moira.

Sepana agitò la coda e le si strinse al collo, strusciandosi contro la sua guancia.

«Ora dobbiamo tornare indietro.» Moira inghiottì un grumo di tristezza duro come pietra.

Che ne dici di eliminare questa immagine? Altrimenti potresti cercare qualcosa di più originale.

***

Sepana agitava la coda, felice per aver completato con successo la sua missione. La melodia che veniva dai suoi sonagli assomigliava alla risata di un bambino. Moira se lo avvolse intorno al collo e, con il cuore pesante come il terrore, si avviò verso il portale che l’avrebbe riportata a casa.

Hai ripreso con la stessa cosa che ha fatto nella chiusura di scena precedente. Magari prova a variare.

Sugg. “prodotta”.

La similitudine è un po’ vaga. Che ne dici di trovare qualcosa di meglio?

Come sarebbe stato il suo futuro senza Sepana e senza il fiore? Cosa avrebbe fatto della sua esistenza, ora che non avrebbe mai più potuto manipolare i sogni degli umani per salvare loro la vita?

Per evitare questo “ora”, potresti rendere queste frasi come pensiero diretto in corsivo di Moira: “Come sarà il mio futuro senza Sepana e senza il fiore? Cosa farò della mia esistenza, ora che non potrò mai più manipolare i sogni degli umani per salvare loro la vita?”.

Arrestò i suoi passi e mise le mani a conchiglia. Sepana si avvinghiò intorno al suo braccio e si accoccolò nel morbido nido. Moira gli passò il dito lungo la morbida pelle del collo.

Sepana non era soltanto il suo compagno di viaggio. Lui e il fiore erano nati con lei quando gli spiriti alti l’avevano messa al mondo. Sepana non era suo amico: era suo fratello, era ciò che l’universo le aveva dato in dono prima di assegnarle il suo ruolo nell’universo. Sepana era parte di lei, così aveva deciso l’universo. Se quella era stata una decisione dell’universo, allora neppure il Fato aveva il diritto di decidere diversamente.

Hai già usato una frase in negativo poco sopra (Sepana non era soltanto…). Magari taglia questa parte in negativo.

“Universo” compare quattro volte. Magari modifica un po’ le frasi per evitare la ripetizione.

Moira voltò le spalle al portale e tornò nel mondo degli umani. «Ci nasconderemo nei loro sogni, in quella vasta e immensa terra dove né logica, né Fato, né tempo possono intervenire.» Baciò Sepana sul muso appuntito.

Se non l’ha attraversato non è “tornata nel mondo degli umani”, giusto? Non mi è molto chiaro questo passaggio. Dopo il cambio di scena dove ci troviamo? In un passaggio tra i portali o sempre nella camera di Ivan? Sono un po’ confusa.

Presto le guardie del Fato sarebbero venute a cercarli, avrebbero dato loro la caccia come si fa con i disertori e i fuggiaschi. Ma se doveva scegliere tra tradire il Fato e tradire la sua natura e il suo migliore amico, allora Moira era pronta ad accettarlo.

Commento generale: Il testo scorre bene e la prosa è sufficientemente chiara. Al di là di quello che ho segnalato nei commenti, sottolineo che suggerirei di inserire qualche altro pensiero diretto in corsivo di Moira (anche se sono presenti alcune frasi che indirettamente sono suoi pensieri), altrimenti direi di eliminare quel singolo pensiero diretto (perché sembra stonare col resto del testo). Insomma, una delle due alternative.

Attenzione ai cambi di scena: quando Moira entra in camera di Ivan, vede parecchi dettagli, ma è notte. Dov’è la fonte di luce che le permette di vedere? Oppure è una sua abilità dovuta alla sua natura di spirito? E nel finale non mi è molto chiaro se si trovi ancora in camera oppure se abbia attraversato il portale.

Testo post editing

La luna dei mortali era già alta: un cerchio di luce bianca che risaltava nel cielo viola. Moira raggiunse la piccola duna ai piedi della quale aveva lasciato la sua borsa, s’abbassò il cappuccio della tunica e svuotò il sacco con le pietre e i rametti: erano abbastanza da poterci accendere un fuoco. Si sedette a gambe incrociate e tracciò col dito un cerchio sulla sabbia. Raccolse le pietre e le dispose a una a una sul solco. Al centro ci dispose i rametti.

Si slegò dalla cintura la saccoccia viola, l’aprì e afferrò una manciata di polvere di fuoco. Sparse la polvere sui rametti e ci soffiò sopra: dalla polvere spuntò una piccola fiammella verde. Continuò a soffiare finché la fiamma non divenne un bel fuocherello.

Dalla tasca, Moira tirò fuori l’armonica d’argento, se la portò alle labbra e suonò la melodia che avrebbe evocato Sepana. Ben presto, un refolo d’aria cominciò a vorticare a mezz’aria, sempre più veloce, finché il serpentello le si materializzò di fronte.

Sepana strisciò verso di lei, il bagliore del fuoco si rifletteva sulle sue scaglie color smeraldo. Le si fermò vicino, agitò la coda facendo tintinnare i sonagli, in attesa di essere preso in grembo.

Moira sospirò. Non avrebbe dovuto evocarlo, visto che di lì a poco se ne sarebbe dovuta separare; ma come poteva fingere che Sepana non esistesse più, dopo tre secoli che avevano vissuto insieme?

Sepana puntò il muso verso di lei, forse chiedendosi perché lo stesse ignorando. Le salì sul braccio, avvinghiandocisi intorno. Continuava a fissarla con gli occhietti color rubino.

«Ben svegliato, piccolino,» mormorò Moira, accarezzandogli la tenera pelle bianca della gola.

Sepana agitò la coda, facendola tintinnare di gioia.

Queste sono le ultime volte che sentirò i sonagli, e poi dovremo separarci.

Moira ingoiò un nodo amaro come gli incubi e si sforzò di trattenere le lacrime. Sepana la strinse più forte, come faceva sempre quando lei era triste.

Non puoi immaginare perché mi sento così.

Si passò una mano sugli occhi e inghiottì le altre lacrime incagliate in gola. «Va bene, ora al lavoro.»

Prese dalla borsa l’agenda e l’aprì. «Stanotte visiteremo un mortale maschio che ha solo diciassette anni terreni.»

Sepana tirò fuori la lingua e l’agitò, segno che aveva capito.

Moira appoggiò il libro sulle ginocchia.

Libro d’Oro del Destino

Ivan Galeni morirà il quindicesimo giorno del secondo mese di solstizio nell’anno dei Pesci.

Libro Nero del Destino Opposto

Se Ivan Galeni non morirà, diventerà un medico e permetterà ad altri centodiciotto mortali di vivere. Una di queste vite, entro due generazioni, genererà una donna che porterà nel mondo degli umani un grande cambiamento.

Moira richiuse il diario e mise le mani a coppa. Sepana ci appoggiò dentro la testa triangolare e chiuse gli occhi.

«Dobbiamo impedire al mortale di prendere la bicicletta domani.»

Sepana annuì.

«Secondo gli appunti, una delle persone che ama più al mondo è sua nonna, che vive lontana da lui, in una casa insieme ad altri anziani.» Baciò Sepana sulla testa. «Andremo da lui e tu e gli farai sognare i momenti più felici che ha vissuto con lei. In questo modo, avrà voglia di raggiungerla e, per farlo, dovrà prendere un treno.»

Sepana agitò la lingua.

Moira prese l’armonica e iniziò a suonare la melodia che avrebbe infuso a Sepana le conoscenze corrette.

Fagli ricordare i giochi di carte, le estati in campagna e le feste felici con tutta la famiglia.

Fagli ricordare le torte alle mele, le passeggiate sul mare e le serate sul balcone a raccontare vecchie storie.

Fagli ricordare le scampagnate nel bosco, le vecchie canzoni che più nessuno conosce, le lenzuola fresche di pulito.

Fagli ricordare gli scherzi innocenti, le carezze, i baci e gli abbracci.

Un fruscio ruppe l’incantesimo, Moira si ridestò dallo stato di trance e voltò la testa. La figura scheletrica di Fato era apparsa dietro di lei. Sepana le si arrampicò sul collo e s’intrufolò nel cappuccio.

«Cosa fai?»

Moira si alzò in piedi. «Mi avevi concesso ancora una missione.»

«Peccato che questa non sia una missione.» Fatò incrociò le braccia sul petto.

Ne ho portate a termine ben più di una, dopo il nostro ultimo incontro.

Moira si passò la lingua tra le labbra. «Questa volta è importante: la sua vita ne salverà molte altre.»

«Ma non è così che devono andare le cose!» Fato scomparve e riapparve più vicino. «Sul Libro Nero c’è scritto quello che non deve assolutamente accadere. Conosci la nuova legge: piacevoli o spiacevoli, le cose che avverranno, d’ora in avanti, saranno solo quelle scritte sul Libro d’Oro. Questa è la Legge della Vita, e uno spirito inferiore come te non può opporsi.»

Allungò la mano e indicò la borsa che Moira portava con sé. «Dov’è il fiore dei sogni? E dov’è il serpente?»

Moira indietreggiò. «Ancora una volta, ti prego. Lasciami andare e poi ti consegnerò il serpente e il fiore e mai più interferirò con la vita dei mortali.»

«E va bene, ma che sia davvero l’ultima,» ruggì il Fato. «Se così non sarà, tornerò a cercarti e dovrò condannarti all’oblio, oltre a distruggere il tuo serpente e quel fiore della discordia.»

«Non accadrà! Lasciami salvare questa vita e io mi piegherò al volere del destino.»

Fato la guardò di sbieco e poi sparì nel nulla.

Moira, con le ginocchia tremanti, si lasciò cadere sulla sabbia.

Sepana strisciò fuori dal cappuccio e le si avvinghiò intorno alla gola.

«Mi dispiace, Sepana. Mi dispiace tanto.»

Il serpente le strofinò la testa squamosa e gelida contro la guancia. Moira scoppiò in lacrime.

Non voglio che il Fato distrugga Sepana, ma non posso oppormi alla Legge della Vita.

I tre soli emersero dalle dune fino a raggiungere l’altezza della luna mortale. Quello centrale le si sovrappose aprendo il tunnel di luce che portava nella loro dimensione.

Moira sospirò. Prese la borsa e si diresse verso il portale.

Moira entrò nella cameretta. Al pensiero che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe potuto cambiare la sorte di qualcuno, una manta di tristezza le avvolse il cuore.

Ivan dormiva nel suo letto, sotto una coperta rossa. Aveva degli auricolari all’orecchio collegati allo smartphone ancora acceso sul cuscino. La cameretta era come quella di qualunque altro adolescente: c’era una scrivania invasa da libri, quaderni, computer, casse stereo, cavetti e altri aggeggi tecnologici. Sulle pareti erano appesi i poster di una di quelle band con i componenti che portavano i capelli lunghi e si vestivano sempre di nero. Sotto la finestra, accanto all’armadio, c’erano una gabbietta con dentro una casina e una ruota azzurra.

Ivan aveva appena vissuto un giorno ordinario ed era andato a dormire come in qualunque altra sera ordinaria. Si era addormentato convinto che il giorno dopo sarebbe stata l’ennesima giornata ordinaria. Era nell’età in cui nessuno può immaginare che la propria vita finirà di colpo.

Moira si sfilò la borsa dalle spalle, l’aprì e prese il fiore dei sogni. La corolla carnosa pulsava come un cuore e spingeva nei petali bianchi la ninfa violacea. Il polline azzurro luccicava come una pietra preziosa alla luce della luna. Moira passò il dito sulla patina polverosa e lo ticchettò sul naso del ragazzo.

Ivan si scosse nel sonno, agitò le gambe e inspirò. Parte della polverina s’infilò nelle sue narici, che si arricciarono: l’aveva respirata.

Moira tirò fuori dalla tasca l’armonica ed evocò Sepana. Il serpentello si materializzò sulla sua spalla e iniziò a strusciarle il muso freddo sulla guancia. A quella dimostrazione di affetto Moira inghiottì un nodo amaro. Quella era anche l’ultima notte che avrebbero trascorso insieme.

Sepana si staccò da lei, fece tintinnare la coda e si tuffò verso la mente di Ivan, dissolvendosi in uno sbuffo d’aria azzurrina. Ivan continuò a dormire immobile, finché un sorriso non si allargò sul suo volto. Sepana era entrato nei suoi sogni e gli stava trasmettendo i ricordi più belli con sua nonna.

Moira rimase in attesa che il ragazzo mormorasse qualcosa: era il segnale che Sepana aveva assunto le sembianze della donna per manipolare il sogno e le emozioni del ragazzo.

Le labbra di Ivan si schiusero. «Nonna…»

Moira sorrise.

Sepana è così prezioso. Come posso consegnarlo a chi lo distruggerà per sempre? Ma se non lo faccio, io stessa finirò nell’Oblio.

«Nonna…»

Delle lacrime sgorgarono dagli occhi del ragazzo. Il respiro si condensò in una nuvoletta verde. Sepana serpeggiò verso Moira e le si attorcigliò intorno al collo.

Ivan aprì gli occhi e ci passò sopra la manica del pigiama per asciugarsi la scia di lacrime. Si mise seduto e allungò la mano verso il comodino per prendere lo smartphone.

Moira si chinò accanto a lui.

Ivan aprì la schermata delle comunicazioni e fece scorrere la rubrica. Sfiorò il nome di un certo Marco e scrisse: “Domani non vengo. Devo fare una cosa.”

Ci siamo riusciti.

Moira sorrise e Sepana si strusciò contro la sua guancia.

«Ora però dobbiamo tornare indietro.»

Con il cuore pesante, Moira si avviò verso il portale che l’avrebbe riportata a casa. Sepana agitava la coda, felice di essere riuscito a salvare la vita del mortale. La melodia dei sonagli era così gioiosa da assomigliare alla risata di un angelo. Moira sospirò.

Come sarà il mio futuro senza Sepana e senza il fiore? Cosa ne farò della mia immortalità, se non potrò mai più manipolare i sogni degli umani per salvare la loro esistenza?

Arrestò i suoi passi e mise le mani a conchiglia. Sepana si avvinghiò intorno al suo braccio e accoccolò la testa nel nido. Moira gli passò il dito sul dorso.

Sepana non era soltanto il suo compagno di viaggio e neppure un amico. Lui e il fiore erano nati con lei quando gli Spiriti Alti l’avevano messa al mondo. Sepana era suo fratello, un dono dell’universo. Era parte di lei e il Fato non aveva diritto di separarli.

Moira voltò le spalle al portale. «Troveremo rifugio nel mondo degli umani. Ci nasconderemo nei loro sogni, in quella vasta e immensa terra dove né logica né Fato né tempo possono intervenire.» Baciò Sepana sul muso appuntito.

Presto le guardie del Fato sarebbero venute a cercarli e avrebbero dato loro la caccia come si fa con i disertori e i fuggiaschi.

Non mi fanno paura. Se devo scegliere tra tradire il Fato e il mio migliore amico, sono pronta ad accettare qualunque conseguenza.