Vuoi scoprire se ricadi in una delle 10 abitudini da scrittori dilettanti?
Dilettante è “chi coltiva un’arte […] come attività marginale, per puro diletto”. E non c’è niente di male in questo, ma le cose cambiano quando si vuole anche solo pensare a un’eventuale pubblicazione.
Le case editrici sono sommerse dai manoscritti, perciò hanno poco tempo da dedicare alle e-mail degli autori. Magari hai messo tanto impegno nella scrittura dell’e-mail, ma questo non basta. Ecco allora che le prime righe del testo possono fare la differenza tra una proposta editoriale e il cestino virtuale.
Tutto l’articolo sarà basato su: chiarezza, semplicità e pulizia.
1. Errori banali che puoi facilmente risolvere
Inventare parole come malgia (al posto di maglia) o fare altri errori di ortografia banali non è un buon biglietto da visita. Puoi farti aiutare da un fidato beta reader, cioè un lettore di prova che ti fornisce un riscontro sul tuo testo e può anche segnalare gli errori più evidenti, oppure utilizzare almeno la correzione automatica dei software di videoscrittura.
La sciatteria è pessima sia nel manoscritto sia nell’e-mail (mi raccomando, cura anche quella!). Capita a tutti qualche disattenzione, perciò bisogna rileggere con molta calma.
Ecco alcuni errori davvero poco eleganti (sono più ricorrenti di quanto immagini):
- pò al posto di po’
- mha al posto di mah
- perchè al posto di perché
- si (affermazione) al posto di sì
- E’ al posto di È
- perpetrare al posto di perpetuare (o viceversa)
Non sprecare occasioni per banalità simili: non potrai dire “la colpa è del cellulare” quando la tua e-mail sarà cestinata.
2. D eufoniche
L’eufonia è un accostamento armonioso di suoni, ed è in virtù di tale definizione che in narrativa la d eufonica si usa in maniera precisa, con le dovute eccezioni. Per ricapitolare, la d eufonica:
- si usa tra vocali identiche: “vai ad aprire la porta”, “studia logaritmi ed espressioni matematiche” ecc.
- non si usa quando compaiono le formule “ed ed” o “ad ad”: “correzione e editing”, “andare a adempiere” ecc.
- si usa nelle espressioni fisse, consolidate dall’uso, della lingua: “ad oggi”, “ad esempio” ecc.
3. Spazi in eccesso o in difetto
Capita spesso che tra due parole, invece dello spazio singolo, se ne inseriscano due. Niente paura: è sufficiente la sostituzione automatica per risolvere il problema.
Attenzione anche ai rientri creati dando lo spazio diverse volte. Di solito per creare un rientro di prima riga è sufficiente selezionare il testo e usare il righello. Nel dubbio, meglio un testo pulito e giustificato senza alcun rientro che uno con i rientri sbagliati.
Gli spazi possono anche mancare, per esempio vicino alla punteggiatura (dopo la virgola sì, ma dopo l’apertura della parentesi tonda no).
4. Puntini di sospensione e punto esclamativo
L’uso improprio e sovrabbondante dei puntini di sospensione e del punto esclamativo è uno dei più comuni marchi dello scrittore dilettante. Davvero i personaggi esclamano o urlano in ogni singola battuta? Suonerebbe molto innaturale.
Per quanto riguarda i puntini di sospensione, ecco uno schema pratico.
- Sono sempre e solo tre, e costituiscono un unico simbolo, di solito sostituito in automatico dai programmi di videoscrittura: “…”
- Si attaccano alla parola che li precede e sono seguiti da uno spazio:
- Se sono seguiti da un segno di punteggiatura o dalle virgolette, si attaccano anche a quello: “…?” e “…!” “…»”
Se dopo i puntini di sospensione il discorso riprende, si usa la minuscola, altrimenti la maiuscola.
E quali sono le loro funzioni?
- Sospendere un discorso per imbarazzo, reticenza o allusione.
- Riprodurre le pause del parlato all’interno di una battuta.
- Riprendere un discorso o segnalarne uno che continuerà.
- Abbreviare parole volgari.
- Creare suspense.
- Omettere citazioni, con le parentesi quadre: […].
5. Artificiosità
Termini aulici e parole desuete renderanno il linguaggio del tuo testo artificioso, inutilmente pomposo. Questa tendenza rischia di rompere il patto narrativo con il lettore, cioè quel patto implicito per cui il lettore dà per vera la vicenda che gli racconti. Senza contare il rischio di suonare involontariamente comici.
Scrivi per raccontare una storia o per far vedere quante parole conosci?
Essere semplici non è un concetto legato al lettore moderno, ma alla chiarezza della scrittura. Lo scrittore Paul Valéry diceva che “un testo è chiaro quando non percepiamo il linguaggio di cui è fatto”.
E poi c’è Enrique Poncela, secondo il quale “quando qualcosa può essere letto senza fatica, grande fatica è stata fatta per scriverlo”.
6. Incipit meteorologico e iperdescrittività
Quando non si sa come iniziare e si parte con la descrizione del tempo, non si risulta molto originali. Se si parla di discorsi vuoti, quelli sul meteo sono tra i principali.
Ogni scelta di scrittura nell’incipit deve avere un senso e, se questo senso nell’informazione meteorologica non c’è, è probabile che ci sia un modo più elegante di trasmettere le informazioni ambientali al lettore senza usare una descrizione statica o banale.
Inoltre, descrivere con dovizia di particolari ogni dettaglio della scena può annoiare: vuoi lettori o turisti?
Puoi selezionare le informazioni in base alle percezioni del personaggio portatore di punto di vista oppure in base alla salienza se il testo non è focalizzato su un personaggio in particolare.
7. Gerundi a volontà
Il gerundio si usa solo quando l’azione indicata dal gerundio è perfettamente contemporanea a quel verbo al quale si collega.
Gli scrittori (a volte non solo quelli dilettanti, purtroppo) amano usare i gerundi in particolare per tentare di dare un’idea di contemporaneità tra il parlato e le azioni che compie un personaggio. Ecco un esempio per capire meglio.
«Mi spieghi che cosa c’è che non va?» chiese lui strattonandole la manica della maglietta.
Se l’azione indicata dal gerundio – strattonare – non dura quanto la pronuncia della battuta, è meglio evitare e preferire un beat, cioè un’azione compiuta dal personaggio che pronuncia la battuta e che può precederla o seguirla nello stesso paragrafo, a seconda del contesto.
Lui le strattonò la manica della maglietta. «Mi spieghi che cosa c’è che non va?»
8. Le ripetizioni e i mille sinonimi del verbo dire
La mente umana tende a notare schemi e ripetizioni, perciò in narrativa si cercano di evitare. Strutture sintattiche simili possono passare inosservate ai lettori, ma se inizi a ripetere una parola (che sia un sostantivo o un verbo) nello stesso paragrafo rischi di distrarre il lettore.
Vedere una ripetizione richiede molto sforzo, ma se impari a conoscere la tua scrittura sarà più facile controllare una serie di parole che tendi a ripetere. Anche qui, se puoi fatti aiutare da uno o più beta reader.
Fai attenzione anche ai mille sinonimi del verbo dire quando vuoi inserire un dialogue tag, cioè i verbi dichiarativi che spiegano al lettore chi pronuncia una battuta. Non se ne dovrebbe abusare perché funzionano come etichette, ma anche quando decidi di usarli prediligi la semplicità. I sinonimi individuano significati anche molto diversi e il rischio di risultare ridicoli è dietro l’angolo.
Dosa bene anche eventuali geosinonimi con i quali dare colore alla provenienza geografica dei tuoi personaggi, specie se sono poco comuni rispetto all’italiano standard.
9. Aggettivi e avverbi
Abbondare con aggettivi e avverbi non renderà la prosa più interessante, ma prolissa e poco curata. Anche ciò che non si dice ha un valore: l’omissione lascia alle parole più spazio per essere incisive. Usare tanti aggettivi e avverbi è facile, perché non richiede sforzo mentale, quello che fa di uno scrittore un ottimo scrittore.
Nella prosa è sempre meglio scegliere al massimo uno o due aggettivi, ben definiti sul principio della chiarezza, quindi sensoriali, vividi, precisi. La vaghezza è indice di scarsa fantasia, non dà un’idea al lettore di cosa deve immaginare. E che dire di aggettivi come “indefinibile”?
Per gli avverbi, il discorso è legato alla povertà lessicale. I peggiori sono gli avverbi in -mente, ma non solo. Bisogna fare attenzione anche alle locuzioni avverbiali o ad altre parole usate in funzione di avverbio.
- Se un personaggio “parla piano”, si potrebbe dire che sta sussurrando o mormorando a seconda del contesto.
- Se un personaggio “mangia lentamente”, si potrebbe dire che sta piluccando o sbocconcellando a seconda del contesto.
Questi sono solo esempi: la scelta del verbo più preciso dipende dalla scena e dal contesto.
È qui che devi dimostrare le tue conoscenze linguistiche, nella scelta di termini precisi ma non artificiosi.
10. Realtà vs verosimiglianza
“Se è accaduto nella realtà, può succedere anche in un libro.” Spesso gli scrittori dilettanti usano questo ragionamento per inserire all’interno dei loro testi fatti assurdi o poco attinenti alla storia che stanno raccontando. È vero che la realtà supera la fantasia, e proprio per questo non va riportata in modo preciso all’interno di un testo. Un romanzo trasporta in una storia che sembra reale, ma non lo è: è “solo” verosimile.
Il concetto di verosimiglianza, da vocabolario, indica qualcosa “conforme al vero, fino al punto da garantire la probabilità o la credibilità di un fatto anche non avvenuto”. In narrativa non fa differenza. Deve sembrare vero, anche se non lo è.
Se vuoi scrivere un romanzo non vuoi scrivere un documentario o un saggio, ma un’opera di narrativa.
E allora ecco il mio consiglio: evita queste 10 abitudini da scrittori dilettanti e inizia a distinguerti.