Show don’t tell: mostra, non raccontare

La tecnica show, don’t tell, (mostra, non raccontare) è una delle principali tecniche di scrittura creativa. Sfatiamo subito un mito: il concetto che sta alla base di questa tecnica non è moderno, anzi. Nasce già ai tempi di Aristotele, che nella sua Poetica parla dell’importanza della mimesi (imitazione della realtà) nella tragedia.

Quindi mostrare azioni ed emozioni dei personaggi è considerato fondamentale fin dall’antichità.

Il principio che sta dietro questa tecnica è la maggiore efficacia che risiede nel mostrare piuttosto che raccontare. L’efficacia si intende a livello di resa delle scene, quindi nella comunicazione generale del messaggio.

Quali sono le principali caratteristiche del mostrato (show)?

  • Si serve di dettagli concreti (usa i cinque sensi e non solo)
  • Evoca immagini vivide e nitide nella mente di chi legge
  • Richiama il lettore dentro la vicenda permettendogli di percepire la storia
  • Rispetta il flusso temporale del qui e ora
  • Permette al lettore di interpretare la vicenda (proprio come avviene nella realtà)

Quali sono le principali caratteristiche del raccontato (tell)?

  • Velocità di scrittura, perché si può improvvisare momento per momento
  • Si serve di immagini vaghe, piatte e non sensoriali, già viste
  • Propone artifici retorici astratti o banali (aveva le farfalle nello stomaco, era matto come un cavallo)
  • Non rispetta il flusso temporale del qui e ora
  • Propone al lettore un’unica interpretazione (gli “spiega” cosa sta succedendo)

Ma il vero problema del raccontato è che spesso delega al lettore la creazione di intere scene: tutto ciò che non è presente e che non può essere evocato per l’assenza di dettagli concreti manderà in confusione il lettore o, nella migliore delle ipotesi, verrà immaginato servendosi dei suoi schemi mentali (ecco perché le immagini prodotte saranno già viste e vaghe).

Obiezione 1. “Non posso mostrare tutto”

Questa obiezione nasconde l’incomprensione della tecnica: mostrare non significa mostrare tutto, ma soltanto i dettagli adatti a costruire l’atmosfera e il senso dell’ambiente. Ecco una frase famosa dello scrittore Anton Čechov.

Non dirmi che la luna splende, mostrami il riflesso della sua luce nel vetro infranto.

Grazie al riflesso della luce nel vetro infranto, lo scrittore riesce a evocare la notte e la presenza della luna nella mente del lettore. La bravura dello scrittore sta nel padroneggiare ciò di cui parla al punto da poter selezionare i dettagli migliori per la scena che sta scrivendo. Questo ragionamento si applica anche ai personaggi, non solo alle ambientazioni.

Obiezione 2. “Allora uso il narratore onnisciente per poter descrivere liberamente”

In un testo focalizzato su un personaggio, la vicenda ci viene trasmessa attraverso i suoi sensi, quindi possiamo mostrare ciò che quel personaggio percepirà, ciò che attirerà la sua attenzione. Da un certo punto di vista risulta quindi più facile scrivere un testo focalizzato perché, per sapere quali dettagli mostrare, per l’autore è sufficiente vivere la vicenda come se fosse il personaggio.

La scelta di un narratore onnisciente, esterno alla vicenda, non giustifica la sovrabbondanza di informazioni fornite al lettore. Se questo narratore non è un vero e proprio personaggio, inoltre, non può che coincidere con l’autore stesso. Chi sceglie quali parole usare se non l’autore?

Scegliere quali dettagli mostrare diventa più difficile, perché manca il filtro del personaggio.

Obiezione 3. “Allora come faccio a mostrare?”

Le parole non sono neutre, ma definiscono il modo in cui chi parla interpreta il mondo, sia nella singola scelta sia nella scelta della singola parola al posto di ogni alternativa possibile (sono scelte contestuali, ma entrambe presenti).

Anche una parola semplice come “ragazzo” può nascondere un punto di vista. A seconda del contesto (culturale, sociale, linguistico), ragazzo potrebbe essere un termine accettabile da usare per un venticinquenne. In un altro contesto, un venticinquenne potrebbe essere considerato già un adulto.

Sia che tu scelga di mostrare in un testo onnisciente sia che tu scelga di mostrare in un testo focalizzato, la parola d’ordine dev’essere iceberg.

Cos’è la teoria dell’iceberg?

Io cerco sempre di scrivere secondo il principio dell’iceberg. I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott’acqua, così il mio iceberg sarà sempre più solido. L’importante è quel che non si vede. Ma se uno scrittore omette qualcosa perché ne è all’oscuro, allora le lacune si noteranno.

Ernest Hemingway, con queste sue parole, definisce due elementi strettamente correlati:

  • il valore di ciò che viene mostrato
  • il valore del non detto

Infatti è solo grazie alla scelta di rimuovere dettagli superflui che potranno emergere con più incisività i dettagli migliori. Less is more: ricorda il valore delle omissioni.

Obiezione 4. “Lo show, don’t tell appiattisce lo stile e annoia i lettori”

Ultimamente si legge sempre più spesso questa obiezione all’uso dello show, don’t tell. Anche senza prendere in considerazione studi sul funzionamento del cervello umano, un ragionamento molto semplice dovrebbe condurre alla risposta a questa obiezione.

Se con il mostrato il lettore è costretto a entrare dentro la storia e a interpretare la vicenda, come può questo sforzo mentale essere noioso rispetto al subire passivamente le informazioni e i giudizi forniti dal narratore?

La verità è che leggere libri con uso prevalente di mostrato richiede più impegno rispetto al caso in cui sia presente in prevalenza il raccontato. Quindi è più faticoso perché impone alla mente di restare attiva e ragionare.

Tu per chi vuoi scrivere? Per chi vuole accendere il cervello e la fantasia oppure per lettori pigri e annoiati?

Obiezione 5. “Ma questo è il modo in cui ho sempre raccontato le storie”

Il problema del raccontato è che è davvero il modo in cui raccontiamo le storie, ogni giorno. Quando raccontiamo a un amico la nostra giornata, quando ci confidiamo su un litigio o riassumiamo una nostra esperienza. Ma questo è davvero un testo narrativo? Non tutte le storie sono testi narrativi.

Una descrizione didascalica è più adatta a un libro di storia o a un articolo di giornale che a un romanzo.

Quando scrivi un libro non stai raccontando la tua giornata, stai creando un vero e proprio microcosmo in cui vivono i tuoi personaggi. Lascia a loro la possibilità di apparire per quel che sono, tramite le loro azioni, le loro emozioni, le loro parole, e al lettore la possibilità di interpretare le vicende che vivranno.

Show, don’t tell: “se non vedo non credo”

Vediamo se è vero quanto detto finora, perché, come dice Tommaso, se non vedo non credo.

Prova a ragionare su questo esempio.

“Martina non era una buona amica.”

Questo concetto, espresso senza l’uso della tecnica narrativa, è vago, perché ogni persona ha un’idea diversa di cosa sia una buona amica. Non compaiono dettagli sensoriali, e la frase è banale, tanto che potrebbe averla scritta davvero chiunque. Il lettore non è libero di interpretare la realtà, ma deve dare per vero ciò che gli dici, anche se di Martina non sa nulla.

Come mostrare, allora?

Partendo da una serie di domande:

  • Martina non è una buona amica, per chi? Esempio: per Claudio.
  • Cosa significa “essere una buona amica” dal punto di vista di Claudio? Esempio: non arrivare in ritardo agli appuntamenti, non mentire ecc.
  • Cos’è successo di preciso che ha fatto sì che Claudio pensasse che Martina non è una buona amica? Esempio: Martina ha fatto tardi alla festa di laurea di Claudio e lui ha capito che lei ha inventato una scusa per giustificarsi, quindi lui la evita per tutta la sera, non le rivolge la parola e risponde a monosillabi quando lei prova a parlargli.
  • È importante far sapere al lettore che Martina non è una buona amica per Claudio? Esempio: in seguito Claudio scoprirà che Martina aveva fatto tardi perché era andata a comprargli come regalo un fumetto raro con cui voleva fargli una sorpresa e si pentirà di averla trattata male.

La costruzione della scena

Ecco che con le ultime domande ci si avvicina alla costruzione di una scena: il lettore potrà seguire il ragionamento di Claudio oppure considerare Martina perdonabile, e potrà cambiare idea sul suo conto quando scoprirà il motivo del ritardo oppure continuare a pensare che Martina non sia una buona amica.

Oppure puoi guidare il lettore a pensare quel che vuoi tu: hai scelto delle parole pesanti per definire Martina, perché eri nel punto di vista di Claudio (oppure in onnisciente), quindi quando scopre il motivo del ritardo, il lettore, proprio come Claudio, si sentirà in colpa per averla giudicata male.

Nota che grazie a queste domande hai il riassunto della costruzione della scena: questo è un trucco per evitare di raccontare la scena.

Il tuo vero stile si trova nella scelta dei dettagli da mostrare al lettore e nella tua capacità di portarlo a pensare ciò che vuoi tu della vicenda che gli mostri.

Mostra ai lettori cosa sai fare con lo show, don’t tell: te ne saranno grati.

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